venerdì 3 agosto 2012

Andy Warhol's "A", 1968

Andy Warhol, A, Grove Press, New York 1968

Quando visitai la casa di un noto studioso e collezionista di libri d'artista, tra le pareti impilate di libri, notai questo volumetto, accompagnato da un altro più grande che ne spiegava gli intenti e ne ricostruiva le vicende editoriali. Il libro ce l'ho anch'io, acquistato circa un anno fa.
Si tratta di uno dei libri d'artista realizzati da Warhol all'apice della sua carriera ed è la trascrizione di un'intera giornata trascorsa da Ondine (in cui appare anche Warhol a colloquio con lui), un protagonista della sua Factory. Le conversazioni sono state registrate tra il 1965 e il 1967: dialoghi, silenzi, rumori. Tutto riportato su carta.
E' la continuazione del processo avviato da Warhol di registrazione del banale, del quotidiano, svuotato di significato e riproposto "così com'è", senza emozioni né sentimenti.
Un pò come fece con le sue fotografie, ad esempio con Orange disaster, 1963.

Andy Warhol, Orange disaster, 1963, Guggenheim Museum, New York
(immagine tratta dal link)

L'obiettivo è "sganciare l'immagine dal significato profondo per consegnarla alla sua superficie simulacrale" (da Arte dal 1900 : modernismo, antimodernismo, postmodernismo, Hal Foster et al., Zanichelli, Bologna 2006, p.487); l'immagine, riproposta serialmente, perde la sua efficacia e diventa mera registrazione del reale, venendo impoverita dell'impatto visivo che scaturisce dalla sua presentazione singola.
Anche se bisogna dire che le opinioni dei critici talune volte sono discordanti; c'è chi vuole comunque vedervi un qualche significato, cercarvi una spiegazione nella scelta da parte di Warhol di alcune scene.
Egli stesso, in POPism (1980) afferma: "(...) più tempo passi a guardare la stessa identica cosa, più il significato scivola via, e meglio -e più vuoto- ti senti".

La storia dell'arte degli anni Sessanta ritorna molto su questo concetto di serialità, che si presta bene ad essere applicato sul libro d'artista. Il susseguirsi delle pagine implica di per sé ripetizione ordinata e rigorosa. 
Un esempio di tutto ciò è, tra i tanti, il leggendario Twentysix Gasoline Stations di Ed Ruscha del 1963. Un libro ricercatissimo, amatissimo e collezionatissimo, che segna simbolicamente la nascita del libro d'artista (ne parla, tra gli altri, Giorgio Maffei ne Il Libro d'artista, Edizioni Sylvestre Bonnard, Cremona 2003, o anche in Wuz).
Twentysix Gasoline Stations consiste in 26 immagini di stazioni di servizio con l'indicazione della città e dello Stato, tutte molto simili e riprese con lo stesso taglio fotografico.
Di recente, su Ebay, ne è stata battuta una seconda edizione per la "modica" cifra di 800 sterline!

Ed Ruscha, Twentysix Gasoline Stations, National Excelsior Press (per cura dell'autore), Los Angeles 1963 -inizialmente in 400 copie numerate-
(immagini tratte rispettivamente dai link1, link2).
A di Warhol in questo caso non propone alcuna immagine in serie, bensì una registrazione del "verbale". Non presenta neppure particolari qualità letterarie (del resto lo stesso Warhol affermava di voler fare un "brutto libro") né tipografiche (la carta è scadente, l'aspetto misero. Un unico dettaglio divertente: la colorazione del taglio in rosso). La realtà è rappresentata in toto, senza modifiche né scremature, proprio come piace a Warhol.
Per concludere voglio riportare un breve passo:

"(Noise)
? - No, listen um... so I'll see you on Tuesday.
DRELLA - Yeah.
'?- You get it? (Noise)
I - Ready, I'm ready, let's go.
D - Irv Irv du Ball has your number...
I - Ondine, thanks for everything. 
I hope he doesn't have my number.
- Horse shit.
Horse shit? No no.
- ...must be..." (p.139)

When I visited a house of a famous artists' books researcher and collector I noticed this book, between the walls of piled up ones. It was placed close to a larger one, which was explaining its intent and meaning. I have this book too and I've bought it around a year ago.
I'm talking about one of the artists' books realized by Warhol when he had finally reached the success; it's a transcription of an entire day spended by Ondine (Warhol is also present in many conversations), one of the Factory's protagonists.
The conversations were recorder between 1965 and 1967: dialogues, silences, noises. Everyhting brought to paper.
Its a continuation of the Warhol's recording process of the common, the banal and ordinary, which becomes empty and meaningless, showed “as it is”, without emotions or sensations. 
Like he did with his photographs, for example in Orange disaster, 1963.
The main purpose was to “set the image free from its deep meaning, with the intent of giving it to its simulacral surface(from Arte dal 1900 : modernismo, antimodernismo, postmodernismo, Hal Foster et al., Zanichelli, Bologna 2006 -the tranlastion is mine-); the image, proposed in series, now loses its potency, its visual impact (obtainable when we have a single image) and becomes only a registration of the reality.
However we have to admit that sometimes there are dissenting opinions between the critic; many of them want to see in these images a meaning, some Warhol's choice. Nonetheless we have to remember that he used to say that “the more you look at the same exact thing, the more the meaning goes away, and the better and emptier you feel”.
The art of the Sixties goes many times through this seriallity notion, which is very appropriate applied to the artists' book; the order of the pages and its succession it's itself a rigorous repetition. An example of all this is the legendary Ed Ruscha's Twentysix Gasoline Stations from 1962; a very seeked, loved, collected book, which simbolically marks the births of the artists' book (Giorgio Maffei in his Il Libro d'artista, Edizioni Sylvestre Bonnard, Cremona 2003, or also in Wuz talks about it).
It's a collection of 26 photographs of gasoline stations with the indication of the town and Country, each one similar to the other, also in cropping.
A copy has been recently bidded on Ebay for circa 800 pound! In our case A's Warhol doesn't proposed any image in series, but a “verbal” recording. It also doesn't contain any special literary or tipographical quality (Warhol itself used to say that he wanted to make “a bad book” - indeed the paper is poor and it appears miser - ). Just one funny detail: the coloration of the signatures in red. The reality is here represented in toto, without modification or cancellations, as Warhol liked.
To conclude I want to propose a passage from the book:

"(Noise)
? - No, listen um... so I'll see you on Tuesday.
DRELLA - Yeah.
'?- You get it? (Noise)
I - Ready, I'm ready, let's go.
D - Irv Irv du Ball has your number...
I - Ondine, thanks for everything. 
I hope he doesn't have my number.
- Horse shit.
Horse shit? No no.
- ...must be..." p.139.

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