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Gianni Celati, Narratori delle pianure, Feltrinelli, Milano 1985 (immagine dal link) |
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Aldo Busi, Vita standard di un venditore di collant, Mondadori, Milano 1985 (immagine dal link) |
Sono un'appassionata delle ricognizioni storiche. Adoro tracciare affinità legate a un'epoca o a movimenti letterari, segnare collegamenti tra libri, film, eventi storici che hanno caratterizzato un certo torno d'anni.
Così, dopo aver analizzato a fondo gli anni Sessanta e in parte gli anni Settanta, al momento sto studiando gli Ottanta, di cui non conservo alcun ricordo essendo nata verso la fine di quel decennio.
Ad invogliarmi è stato
in primis il libro del noto blogger Dr. Manhattan (di cui scrissi
tempo fa), che nel suo
Per il potere di Grayskull descrive gli oggetti che hanno segnato quegli anni, in una narrazione leggermente velata di malinconia.
Ma non si può non menzionare anche il nuovo libro di Giovanni Floris, Il confine di Bonetti, sempre dedicato ai giovani degli anni Ottanta, e il già citato Una casa romana racconta di Giampiero Mughini, seppur non incentrato esclusivamente su questo tema (lo sto ancora metabolizzando, tanto è denso di informazioni, curiosità, meraviglie).
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Gianni Vattimo, La fine della modernità, Garzanti, Milano 1985 (immagine dal link) |
Un grande aiuto nel comprendere quest'epoca mi è stato dato da Matteo Gervasoni con lo studio Storia d'Italia degli anni ottanta (Marsilio, 2010) e, dal punto di vista letterario, da Prima il pane di Goffredo Fofi (E/O, 1990), una raccolta di suoi articoli apparsi su varie testate.
Ne è emerso un secolo caratterizzato soprattutto dall'individualismo e dal "pensiero debole", termine coniato dall'interprete degli aspetti sociologici del tempo Gianni Vattimo.
Il benessere, gli agi sempre più diffusi anche nei ceti meno abbienti e la generale soddisfazione hanno fatto sì che le persone si preoccupassero soprattutto di procurarsi piacere, senza complicarsi la vita con "inutili" introspezioni psicologiche o concetti intellettuali e senza caricare l'animo di ideologie. In arte questo si esplicò con il gruppo creato
ad hoc dal critico Achille Bonito Oliva noto come
Transavanguardia (vedi mio
post): zero ideologie, zero etica di fondo. Solo pura arte per arte
(Storia d'Italia...op cit., p.172).
Un altro aspetto molto importante fu l'uniformarsi delle classi sociali e la diminuzione del divario tra alto e basso, in una società in cui la gente attinge liberamente da mode e modi rispettivamente dell'uno e dell'altro rappresentante sociale.
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Andrea De Carlo, Macno, Bompiani, Milano 1981 (immagine dal link) |
Il vero manifesto di questo "pensiero debole", secondo Gervasoni (Storia d'Italia...op cit., p.175), fu La fine della modernità di Gianni Vattimo. E il vero banco di prova di questo stato d'animo il clamoroso successo editoriale de Il nome della rosa di Umberto Eco (Bompiani, 1980), che mescolava alto e basso senza remore, accontentando un po' tutti i differenti tipi di pubblico.
Dal versante filmografico, invece, a rappresentare maggiormente il decennio secondo Fofi fu La voce della luna di Fellini, dove viene rappresentata una società "trionfante e festaiola, urlona, sporca, cicciona, internazional-dialettale, contenta nevroticamente di sé e del proprio, forse irrimediabile, disastro." (Prima il pane, op cit, p.153)
Parole che fanno impressione, visti gli sviluppi dell'ultimo decennio in Italia. A quanto pare si gettavano già le basi della catastrofe scoppiata in questi anni...
Per concludere, entrambi gli autori sono d'accordo all'unanimità sull'importanza delle opere di Gianni Celati, tra cui spicca Narratori delle pianure (anche se ad oggi il più raro e ricercato dell'autore risulta Comiche), di Aldo Busi e di Andrea De Carlo. Anche se si lamenta un numero troppo basso di esordi di qualità in letteratura.
Un giorno, forse, questi testi rappresentativi del decennio saranno ricercati e ben valutati.